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MADRE_ANTONIA_GLITTERANTONIA MARIA VERNA 

Sorella di carità

 

Antonia Maria nasce a Pasquaro, frazione di Rivarolo Canavese, il 12 giugno 1773, in un periodo storico complesso, tanto per la Chiesa quanto per la società. Secondogenita di Guglielmo Verna e Domenica Maria Vacheri, Antonia viene battezzata la sera stessa della nascita nella parrocchia di San Giacomo. Vive in una famiglia di contadini, nella povertà, ma dove la fede aveva un posto importante: entrambi i genitori, di grande rettitudine morale, attingevano dalla recita quotidiana del Rosario spunti per una forma di catechesi straordinariamente efficace, in aggiunta a quella domenicale.

Il primo novembre del 1777 è un giorno di festa per la sua piccola famiglia che finalmente può avere una casa propria. Nella nuova abitazione entrano i genitori con due figli: Antonia Maria e Michele Andrea, mentre il primogenito Michele Domenico era morto.

 La piccola Antonia è sempre presente alle lezioni domenicali di catechesi a cui attinge i fondamentali elementi della dottrina della pratica cristiana. Nelle occupazioni quotidiane Antonia rivela la sua straordinarietà. Si prende cura dei bambini. Li educa, insegna loro le preghiere, il catechismo e le piccole nozioni scolastiche che altri le avevano insegnato.

La cappella di Pasquaro vede nascere e fiorire la sua vocazione che affonda le radici nella preghiera e nella consapevolezza che la vita è impegno serio e dono senza calcoli.

 L’ambiente sociale e politico in cui vive Antonia è molto travagliato. Le campagne napoleoniche hanno cambiato in pochi anni l’Europa, provocando nella gente un grande disorientamento religioso e morale, accentuato dalla mancanza d’istruzione e da un impoverimento evidente anche a Pasquaro. In questa situazione, Antonia sente il grande desiderio di seguire Dio, per aiutare l’uomo e la donna del suo tempo a reagire a quell’onda d’incredulità ed apatia che provoca l’esclusione dei più poveri e dei più deboli.

Compiuto il quindicesimo anno d’età decide di consacrarsi totalmente a Dio e di affidarsi alla Vergine Maria. La scelta di Antonia di non sposarsi non desta grande entusiasmo, perché la famiglia desiderava darle un futuro più sicuro attraverso il matrimonio. Per potere riflettere con serenità sulle sue scelte, su consiglio della sua guida spirituale ed in accordo con la famiglia, decide di allontanarsi per un certo tempo da Pasquaro.

Nel 1798, essendo morto suo padre, lei si rese conto che se fosse rimasta a Pasquaro, per mantenersi avrebbe dovuto mettersi al servizio dei fratelli (così si usava allora). Per questo, a 27 anni si trasferisce a Rivarolo e lì vive il sogno che aveva nel cuore: essere solo di Dio, donata ai fratelli, ai piccoli, in particolare ai poveri.

 Ad un certo punto però si rende conto che per questo nuovo impegno la sua preparazione avrebbe dovuto raggiungere un livello più alto; così decide di frequentare la Scuola del Gesù nel vicino paese di San Giorgio non vergognandosi, lei trentenne, di sedersi accanto alle giovanissime alunne.

 

“Era di poche parole, dal suo volto trasparivano la semplicità ed il candore di un’anima eletta, era umile, senza ostentazione, servizievole e gentile, sempre col sorriso sul labbro. Non faceva nulla di speciale, ma non era come le altre. Dinanzi a lei, umile e piccola, tutti si sentivano più buoni e chi l’aveva vista anche solo una volta desiderava starle vicino”.

Così, seguendo attentamente le maestre, migliora ciò che ha già acquisito a livello didattico e approfondisce le metodologie tipiche di un’educatrice.

L’Eucarestia e la Vergine Immacolata sono i suoi grandi riferimenti.

A Rivarolo, intanto, alcune giovani attratte dal suo esempio si uniscono a lei nella duplice attività al servizio degli infermi e dei bambini.

Risale al 1806 la prima petizione firmata da Antonia Maria Verna e compagne, per

Chiedere l’approvazione di una Congregazione religiosa.

La nascita della Congregazione delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione passa attraverso una storia lunga e tormentata, iniziata nel 1806 e conclusasi con l’approvazione diocesana del Vescovo d’Ivrea nel 1835.

La piccola comunità si fonda su alcune regole essenziali che Antonia Maria s’impegna ad osservare e a far osservare inviolabilmente a tutte coloro che si sarebbero aggregate all’opera. La gratuità caratterizza la carità di Madre Antonia, che ama Dio nei fratelli.

Le Regole:

1.     “D’assistere giorno e notte e soccorrere secondo le loro forze gli ammalati d’entrambi i sessi, presi da qualunque malattia, benché contagiosa, o di lepra, e ciò a gratis senza alcuna mercede, e ciò massime coi poveri”.

 

2.     “Di catechizzare le figlie, massime povere, tanto nel ritiro che nella parrocchia e ciò massime nella quaresima, sempre a gratis”.

 

3.     “D’insegnare a leggere e a scrivere a tutte le figlie indistintamente, massime alle povere, a gratis”.

 

4.     “D’aver cura speciale di tutte le figlie che sono e rimarranno orfane e abbandonate, massime di quelle che sono sprovviste affatto dei beni di fortuna, per darle qualche collocamento sicuro e vantaggioso, secondo la lor  vocazione e abilità, dandole ancora quel soccorso pel mantenimento secondo le circostanze e forze del ritiro”.

 

Il 7 marzo 1828, Madre Antonia ottiene l’approvazione regia e il 10 giugno dello stesso anno un gruppo di giovani emette pubblicamente, nella Chiesa di San Giacomo a Rivarolo, i voti di castità, povertà e obbedienza, consacrandosi a Dio per amarlo e servirlo nei più poveri. A 55 anni, Antonia Maria riceve dalle mani del Vescovo l’abito e poi la Croce che porterà come segno d’appartenenza a Dio.

Un’altra figura influisce nella vita di Madre Antonia: San Giuseppe. Da lui, al quale era particolarmente devota, ha attinto l’amore per il silenzio e ha imparato l’umile obbedienza alla volontà di Dio.

Il 27 novembre del 1835 il Vescovo d’Ivrea firma il decreto di approvazione diocesana della Congregazione delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione.

Una dolorosa ma breve malattia la conduce alla morte. Il decesso avviene la mattina del 25 dicembre 1838 mentre in Chiesa s’intonava il Gloria della messa di Natale.

La tradizione ci dice che negli ultimi giorni della sua vita Madre Antonia avrebbe fatto distruggere gli scritti che potevano riguardarla. Chiedeva a Dio di non permettere che rimanesse memoria di lei dopo la morte.

Arrivano a noi, sempre dalla tradizione, le ultime parole che ha pronunciato davanti alle dodici suore, ad una novizia e due postulanti che le chiedevano di lasciare loro qualche prezioso ricordo:

“Lavorate sempre in vista dell’Eternità, ripeteva.

Oh! Come si lascia volentieri la terra, quando questa non ha mai servito che di scala per andar a Dio e portargli gloriose conquiste!

Com’è dolce il momento dell’incontro con sì buon Padre!

Coraggio, o figlie, o sorelle, siate fedeli alla vostra Vocazione!

Il Crocifisso,

il Tabernacolo,

il Rosario,

ecco le vostre armi, le vostre torri di fortezza…il vostro verace conforto”.

 

Antonia Maria amò molto la Madonna, fin dalla giovinezza, e volendo onorarla e scelse l’Immacolata, forse perché le ricordava maggiormente l’amore gratuito.

Quasi a suggellare questa scelta d’amore, il 5 aprile 1860 le Suore di Carità, nelle mani di Suor Vincenza Poè, ricevono in consegna in maniera del tutto casuale un quadro miracoloso, raffigurante l’immagine della Vergine Immacolata, conosciuto come il quadro dell’Immacolata dei Miracoli 


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